mercoledì 4 maggio 2011

TRICOlogia

È difficile trovare le parole per parlare dell’impresa edile TRICO; la ragione sta probabilmente nel fatto che la storia della sua attività nel nostro territorio è tutt’altro che quieta.

Per dire, una delle ultime azioni dell’uscente sindaco di Carrara Santo Stefano all’atto dell’unificazione (ricordiamolo: correva l’anno 1995) è un esposto proprio ai danni della TRICO perché, all’atto del collaudo, sono risultati nella zona artigianale di Cornegliana standard mancanti per complessivi seicento milioni di lire circa. Ne segue una vicenda giudiziaria articolata e che promette di protrarsi per molti anni. La vicenda si sblocca solo il 6 febbraio 2007, quando il Consiglio comunale riceve una proposta: la TRICO si impegna a realizzare opere di completamento per complessivi duecentomila euro (riconoscendosi così un premuroso “sconto” del 35%, contando la conversione tra lire e euro) e promette di “porre fine al contenzioso” tra impresa e Comune. Rileggendo i verbali, sembra quasi che l'Amministrazione Vason abbia presentato questa “offerta” come una specie di grosso favore che la TRICO faceva al Comune: infatti, il Consiglio comunale ha approvato la proposta il successivo 14 febbraio all’unanimità (ma i consiglieri di opposizione avevano lasciato l’aula in segno di protesta). Abbiamo recentemente tentato di appurare se, almeno, i lavori siano stati compiuti fino al raggiungimento della somma stabilita: l’impressione è che non sia ancora così.

Accanto a questi fatti, c’è anche uno strano clima di sospetto con cui alcuni residenti guardano la TRICO. Per esempio, abbiamo sentito raccontare di distributori di carburante aperti senza il collaudo dei vigili del fuoco, di misteriosi interramenti di materiali non identificati nella notte del sedici agosto, di piste per auto da rally realizzate in modo completamente abusivo, nonostante un’ordinanza di blocco dei lavori e in spregio totale alle forze dell’ordine venute per verificarne l’applicazione. Si tratta però di storie davvero improbabili (e, soprattutto, a cui è difficilissimo trovare riscontro), per cui devono essere considerate soltanto testimonianze di una situazione, come abbiamo detto, tutt’altro che quieta.


Sia com’è, questa stessa impresa l’11 settembre 2009 rivolge al Consiglio comunale una “richiesta di permesso a costruire”, completa di convenzione, nel quadro dei cosiddetti “accordi pubblico-privato”: al Comune potrebbe interessare ospitare un impianto coperto per modelli radiocomandati di automobili fuoristrada con motore a scoppio? In cambio, i carraresi potrebbero naturalmente avvalersi di tariffe agevolate. Anche la zona in cui collocare l’impianto è già individuata: c’è un triangolo di terra, di fianco all’ecocentro di Cornegliana, che il Piano di assetto territoriale (il Piano regolatore) assegna a “verde attrezzato” (zona verde nella figura qui sotto) e che cosa può essere più “attrezzante” di una pista coperta per modelli radiocomandati?


La proposta viene discussa il 30 settembre successivo: nel corso della seduta del Consiglio, il sindaco Vason precisa più volte che non si sta deliberando nulla di definitivo, ma soltanto un eventuale interesse di massima ai termini della convenzione nel caso che in futuro si decidesse di realizzare l’impianto in questione (non càpita, ma se càpita. . . ). Viste le premesse, non ci si può quindi meravigliare troppo che il Consiglio si esprima unanimemente a favore, maggioranza e opposizione.

Per qualche mese non succede più nulla; poi la Giunta comunale esprime il suo favorevole “parere di regolarità tecnica e contabile” il 20 aprile 2010. Il “permesso di costruire” viene dato dall’Ufficio Edilizia privata del Comune tre giorni dopo, il 23 aprile. Certo che, d’altra parte, con la sua unanimità, il Consiglio aveva espresso un tale interesse per la struttura che sarebbe stato davvero sgarbato non realizzarla al più presto, no?

Qualcosa, però, non convince i residenti nella zona. Uno di loro si procura i documenti relativi al progetto dell’impianto e, fotografie alla mano, evidenzia che la realizzazione non è conforme ai disegni approvati dal Comune. L’Ufficio tecnico comunale ha preso atto della cosa e provvede a verificare la posizione dell’edificio rispetto ai confini dei lotti: ne risulta una stima secondo la quale è abusiva una parte della superficie coperta, cioè il triangolo evidenziato nella figura qui sotto:


in pratica, il progetto (che pure era stato approvato dall’Ufficio tecnico comunale!) faceva leggermente “deviare” la linea di confine tra l’area verde e l’area agricola, di fatto “allargando” artificiosamente la zona disponibile per la costruzione dell’impianto. La notizia è riportata anche dal Mattino di Padova, in un articolo del 14 agosto 2010.

Di qui in avanti, gli eventi avrebbero dovuto seguire, a nostro avviso, una catena semplice, chiara e inevitabile: una volta che un abuso di questo genere viene accertato è necessario demolire la costruzione abusiva e provvedere al rientro nella norma nel minor tempo possibile (a meno che la demolizione della parte abusiva non comporti un danno inevitabile alla parte “conforme”). Questo sembra sia avvenuto, in parte, solamente in questi ultimissimi giorni (4 maggio 2011, ndr). A complicare tutto, lo scorso ottobre era stata avanzata alla Giunta comunale una richiesta di rendere “verde attrezzato” (o “attrezzabile”, nello spirito già esposto) anche la zona dietro il distributore di benzina, ragionevolmente per poter “spostare” la struttura in quella direzione. Chi obiettasse che quella zona è attualmente occupata, naturalmente non sbaglierebbe: la richiesta comprendeva infatti la proposta di spostare l’ecocentro in zona da definirsi, orientativamente verso via Saleto (in zona attualmente destinata a uso agricolo). Non ci risultano motivazioni (se non “per ampliare l’area a disposizione”, ma, per quanto ci è dato sapere, nessuno si è mai lamentato perché l’ecocentro è troppo piccolo; al più si potrebbe chiedere di potenziarlo aumentando il personale che ci lavora in modo da velocizzare il conferimento dei rifiuti portati dai cittadini...).

A questo punto i residenti della zona, scoperto questo sviluppo (lo ripetiamo: la notizia è recente, anche se la richiesta è di ottobre) e apparentemente non riuscendo a ricevere chiare notizie da parte di Sindaco, Giunta e gruppo consiliare di maggioranza, si sono rivolti all’opposizione per cercare di trovare qualcuno, all’interno dell’Amministrazione comunale, disposto a prestare loro orecchio. Ne sono nate alcune serate informali di incontro, nel corso delle quali abbiamo avuto occasione di esaminare con un po’ più di calma i progetti incriminati. Pur non essendo “tecnici”, ci ha subito colpito un fatto inequivocabile: le posizioni dei confini dei “lotti” nel progetto non corrispondono al Piano di assetto territoriale, come evidenziamo nella figura qui sotto.


In sostanza, la “solita” linea di confine tra area verde e area agricola non parte da dove dovrebbe, ma da diversi metri più a sud, che, per inciso, è anche questa volta a vantaggio dello spazio disponibile per l’impianto.

Naturalmente abbiamo immediatamente girato le nostre perplessità all’Ufficio tecnico del comune. Ne abbiamo ricevuto una risposta sorprendente: in effetti c’era stato nel passato un errore materiale nella delimitazione dell’ecocentro e, dal momento che la TRICO ha tracciato il confine dell’area verde basandosi sul confine dell’ecocentro stesso, l’errore c’è, ma è stato commesso in buona fede, quindi bisognerà trovare il modo di “sanarlo”.


Ho riscritto almeno tre volte il finale di questo post.

Sulle prime avevo tentato di buttarla sull’ironia, facendo notare che tutti gli “errori” di questa vicenda (senza assolutamente sollevare la questione della buona fede) sono stati commessi invariabilmente nella stessa direzione. Notavo anche di sfuggita che “trico” è il prefisso che nei termini tecnici indica i peli e che, nel caso specifico, ciò mi ricorda quella storia del lupo che perde il pelo...

Poi sono passato direttamente al sarcasmo, invitando tutti i residenti a fare i loro progetti misurando le distanze a partire dall’angolo dell’ecocentro e invadendo i lotti dei vicini per poi invocare la buona fede (se quell’angolo non permettesse di raggiungere lo scopo, segnaliamo per esempio una chiesetta a Caselle di Santa Maria di Sala che, essendo stata spostata a braccia su un tappeto di cotiche di maiale una ventina di anni fa, può costituire un ottimo punto di partenza per misure di precisione; certo, è un po’ distante, ma non si può fare una frittata. . . ).

Alla fine, però, mi sono reso conto che purtroppo in questa storia c’è ben poco da ridere. Lo ripeto, non siamo “tecnici”, eppure ci siamo accorti che qualcosa non andava alla prima, o al massimo seconda, occhiata al progetto. Com’è possibile che un progettista competente e un tecnico altrettanto competente non se ne siano accorti e abbiano disegnato (uno) e approvato (l’altro) un progetto sbagliato? Passi prendere la distanza dall’angolo dell’ecocentro: tirando la linea parallela a via dell’Industria, però, com’è possibile accorgersi che l’altro estremo di questa linea non si trova dove dovrebbe (cioè la metà del lato del lotto della Catoba-Exacta) ma diversi metri più in là? E soprattutto, parliamoci chiaro: il committente e il progettista sarebbero stati altrettanto distratti se la linea, invece che diversi metri più in “là”, fosse venuta a trovarsi diversi metri più in “qua”?

P. S.: ciò che esponiamo in questo post riflette lo stato delle nostre informazioni alla data, e all’ora, in cui lo pubblichiamo. Le notizie continuano a affollarsi e a confondersi: ora pare che l’abuso sia stato già sanato, ma poi pare che non sia sanabile neanche volendo; pare addirittura che la proposta di spostamento dell’Ecocentro non sia un’iniziativa di un privato, ma di un Assessore che l’ha suggerita informalmente basandosi su altrettanto informali informazioni ricevute da fonti attendibili nel consorzio di gestione dei rifiuti. Tutto questo rende probabilmente ancora più difficile prevedere l’epilogo della questione, ma di certo non cancella l’impressione di avere a che fare con un gran guazzabuglio.

P. P. S.: probabilmente è soltanto un caso, ma uno dei residenti che ci ha contattato riferisce di essere stato esplicitamente minacciato perché smetta di «farsi gli affari degli altri» (non meglio specificato). Anche un’altra persona con cui abbiamo parlato si è sentito riferire che «... deve smettere di rompere i c..., perché siamo cattivi e vendicativi.» Lo ripetiamo: probabilmente non c’entra nulla con ciò di cui abbiamo parlato; si tratta però comunque di un comportamento che credevamo proprio di altre concezioni della legalità e pensare che una cosa del genere possa avvenire nel nostro territorio comunale non può che preoccuparci, indignarci e nausearci.

Nessun commento: