mercoledì 31 agosto 2011

Viabilità creativa

L'incrocio di via Saline con la pista ciclabile di via Figaroli: un'alternativa low-cost alla roulette russa

La prima foto ritrae il (nuovo) "ponte dell'Albera", all'incrocio tra via Figaroli e via Saline. Certamente non si tratta dell'incrocio più trafficato del Comune, ma è comunque un punto a suo modo "nevralgico": via Figaroli, infatti, è la strada che percorre naturalmente chi da Mezzavia e Terradura vuole raggiungere il Capoluogo. L'Amministrazione in carica ne è ben conscia, tanto che ha speso un'importante quantità di denari per realizzare una pista ciclabile, che attualmente porta dall'incrocio di via Figaroli e via Campolongo fino al cavalcavia di san Pelagio, ma che nelle intenzioni di Vason & Co. dovrebbe raggiungere presto Mezzavia. Ricordiamo che, secondo le dichiarazioni di Burattin, la farmacia di Terradura è stata venduta proprio per finanziare il completamento di quest'opera: in effetti, come mi ha fatto notare un consigliere per il quale ho molta stima, le piste ciclabili possono salvare vite e salvare vite non ha prezzo.

Devo confessarlo: anche se sono tendenzialmente d'accordo con il consigliere di cui ho parlato, tendo a essere molto critico nei confronti delle piste ciclabili, o, per meglio dire, di come queste opere vengono realizzate in Italia. Ho viaggiato e viaggio molto in bicicletta e ho constatato che spesso, anche in presenza di una pista ciclabile, tendo a percorrere la strada carrabile e a ignorarla: infatti, percorrerla significherebbe dover compiere un percorso a zig-zag (per girare attorno a proprietà e strutture preesistenti), tremando ogni volta che passo di fronte a un passo carraio (chi esce dal cortile di casa propria in genere si guarda attorno solo di fronte alla strada, considerando la pista ciclabile come un inutile orpello), spesso essendo costretto a attraversare la strada più volte (perché si ritiene normale, se non c'è più spazio da una parte, proseguire la pista dalla parte opposta: si pensi a ciò che accade dalle parti dell'Aeroporto di Padova) e dando la precedenza a qualsiasi altra cosa ogni ventina di metri o giù di lì (la pista ciclabile di Chiesanuova, a Padova, in circa tre kilometri ha trentatré incroci, ognuno con il suo bello stop per le biciclette). Aggiungiamo che se un TIR mi trita sull'attraversamento di una pista ciclabile ha pure ragione lui (qualcuno ricorda il caso di Alessia Brombin?), mentre se mi buttano nel fosso mentre sto pedalando sulla strada carrabile il Codice dà ragione a me (il che, ne sono ben conscio, è comunque una magra consolazione). Certo, ho ben presente che se ho un incidente mentre ignoro deliberatamente la presenza della pista ciclabile, il pirata e l'amministratore di turno possono sentirsi sollevati, un po' come se fossi andato a cercarmela: in realtà, probabilmente, è proprio questo sollievo, per un amministratore, a non avere prezzo.

Così conteso tra due opposte linee di pensiero, ho deciso di ripercorrere la pista ciclabile di via Figaroli per cercare di farmi un'idea un po' più chiara. Certo, a parte qualche sballottamento dovuto al fondo ondeggiato (mi verrebbe quasi da dire "zigrinato"), a parte i consueti brividi gelati lungo la schiena ogni volta che passo, rallentando, di fianco alla luce lampeggiante di un cancello automatico, a parte un breve momento di dubbio di fronte alle Querce (che faccio, attraverso gridando banzài o mi butto direttamente in rotonda venendo dal lato sinistro della strada?), la pista non è affatto male.

Poi arrivo all'incrocio con via Saline e, incredulo, mi fermo.

Guardate la seconda foto. Sappiamo bene tutti che c'è via Saline, lì. Ma qualcuno che venisse da fuori e che volesse esplorare le splendide piste ciclabili del nostro Comune non sarebbe tenuto a saperlo. E lì, in quel punto, non sospetterebbe nemmeno della sua esistenza: a destra ci sono erbe un po' alte al bordo della strada e non c'è nessun genere di segnaletica, orizzontale o verticale che sia, che segnala un'intersezione; l'impressione è che la pista ciclabile si stia allargando in una specie di piazzale (forse per servire l'ingresso carraio della bella casa gialla all'incrocio) e solo un occhio esperto, notando una striscia di asfalto più chiaro di traverso, può sospettare qualcosa di strano.

Appoggio la bici, scendo e do un'occhiata alle altre direzioni dalle quali si arriva all'incrocio.

Per le auto che arrivano da via Saline (terza foto) la situazione è sostanzialmente identica: l'impressione è che a sinistra ci sia un piazzale di poca o nessuna importanza e la pista ciclabile che viene da destra non è visibile praticamente per nulla. Niente segnala che ci sia qualcosa a cui fare attenzione, a parte lo stop all'incrocio con via Figaroli.

Per le biciclette che provengono dal capoluogo (quarta foto), la situazione è forse un po' migliore, ma ancora ben lontana dalla sicurezza. Dopo essere passati sopra il "vecchio" ponte dell'Albera (restaurato in modo decisamente apprezzabile, onore al merito) c'è un breve tratto asfaltato che finisce visibilmente in un incrocio (qui la striscia di asfalto chiaro è più visibile e più facile da interpretare come una strada). In ogni caso, resta una sensazione strana. Ci ho messo un po' a capire che cos'è, per cui ve lo propongo come gioco in stile de "la Settimana enigmistica": che cosa manca alle ultime tre foto?

La risposta è: la segnaletica. Non ci sono strisce per terra, non ci sono cartelli, non c'è nulla che faccia capire chi dovrebbe avere la precedenza tra le bici che percorrono la pista ciclabile e le auto che passano per via Saline. Certo, essendo in Italia siamo portati naturalmente a pensare che la precedenza spetti alle auto; ma che cosa penserebbe nella stessa situazione un turista danese, olandese o tedesco (ipotesi non troppo peregrina: le vicine Abano e Montegrotto ne sono abbondantemente frequentate), abituato a piste ciclabili dritte come una spada e con precedenza assoluta su qualsiasi altra cosa eccettuate le forze dell'ordine a sirene spiegate?

Sorvoliamo sulla presenza di un pilastro di cemento proprio in mezzo all'ultimo tratto della stessa pista ciclabile (ancora senza segnalazioni): anche se la prima impressione è di un miraggio o un'allucinazione, in fondo, una persona attenta sarà ben in grado di evitarlo. Segnaliamo invece che una cosa del tutto simile accade anche nel punto in cui la breve pista ciclabile di Terradura proveniente da via Foscolo si immette nel parcheggio dell'ex campo sportivo: anche lì non è chiaro chi abbia la precedenza e, sospettiamo, il problema diventerà sentito anche dall'altra parte del parcheggio quando (o forse dovremmo dire "se") la nuova lottizzazione inizierà a popolarsi.

Insomma: crediamo che prendere un po' di vernice bianca e aggiungere qualche riga di segnaletica per stabilire le priorità nei due o tre punti segnalati sia un'opera urgente e, tutto sommato, non particolarmente costosa. Vista l'importanza delle piste ciclabili per salvare vite, probabilmente sarebbe una buona idea occuparsene prima di avere un'Alessia Brombin tutta per noi.